Giurisprudenza 

LA NATURA USURARIA DELLA CAPITALIZZAZIONE COMPOSTA DEGLI INTERESSI NEL CONTRATTO DI MUTUO

Con un’importante pronuncia del 19 gennaio 2023 (sentenza n. 118/2023), il Tribunale di Latina ha riconosciuto la usurarietà di due contratti di mutuo con ammortamento c.d. “alla francese”, la cui rata è risultata, attraverso la disposta consulenza tecnica, determinata con capitalizzazione composta.

Il giudizio veniva instaurato nei confronti di un istituto di credito ed aveva ad oggetto tre domande: la contestazione dell’usurarietà del tasso di interesse di mora contrattualmente pattuito; l’indeterminatezza della clausola di pattuizione degli interessi; l’applicazione di interessi anatocistici.

Deve in proposito osservarsi come, a partire dall’entrata in vigore della legge 108/1996, il reato di usura, previsto e punito dall’art. 644 c.p., viene così tipizzato: “Chiunque si fa dare o promettere, sotto qualsiasi forma, per sé o per altri, in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra utilità, interessi o altri vantaggi usurari è punito […]. La legge stabilisce il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari”.

E’quindi di tutta evidenza che, laddove la norma precisa che la condotta può declinarsi “sotto qualsiasi forma”, la stessa fa chiaramente intendere che l’usura è potenzialmente configurabile in qualunque tipo di contratto a prestazioni corrispettive.

La stessa norma penale considera altresì rilevanti tutte le voci di costo che si trovino applicate nel contesto dei rapporti di credito, laddove, al comma quinto, stabilisce che: “per la determinazione del tasso di interesse si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese escluse quelle per imposte e tasse, collegate all’erogazione del credito”.

Sempre l’art. 644 c.p., poi, nel disciplinare al medesimo quinto comma le aggravanti del reato, prevede un aumento di pena da un terzo alla metà: “se il colpevole ha agito nell’esercizio di un’attività professionale, bancaria o di intermediazione finanziaria mobiliare”, inserendo tra i soggetti attivi, accanto a coloro che svolgono un’attività professionale o di intermediazione finanziaria, chi opera all’interno dell’attività bancaria.

La tematica degli interessi usurari è stata oggetto negli anni di rilevanti interventi legislativi (Legge n. 108/1996, che ha modificato le previsioni normative penali e civili in materia, e Legge n. 24/2001, di interpretazione autentica) nonché di significativi mutamenti giurisprudenziali (da ultimo Cass., Sez. Un., n. 24675/2017 e n. 16303/2018).

In particolare, la Legge n. 108/1996, nel dichiarato intento di contrastare l’odioso fenomeno criminale dell’usura agevolandone la repressione e inasprendo le sanzioni civili e penali, ha provveduto a ridisegnare l’art. 644 c.p. e l’art. 1815 c.c.. 

Con il D. L. 29.12.2000, n. 394 (c.d. Decreto “salva banche”), convertito, con modificazioni, nella legge 28.2.2001, n. 24, “Interpretazione autentica della L. 7.3.1996, n. 108, recante disposizioni in materia di usura”, il legislatore ha poi stabilito che “ai fini dell’applicazione dell’art. 644 c.p. e dell’art. 1815 c.c., 2° comma,  si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento”.

 

Completano il quadro delle fonti normative le Istruzioni per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi (TEGM) ai sensi della legge sull’usura della Banca d’Italia, nonché i Decreti del Ministero dell’Economia e delle Finanze che trimestralmente pubblicano sulla Gazzetta Ufficiale i TEGM rilevati dalla Banca d’Italia per conto del Ministero dell’Economia e delle Finanze, che concorrono alla definizione del tasso-soglia di periodo per la categoria di operazioni rilevate: le tabelle dei TEGM sono pubblicate nella Gazzetta Ufficiale, sui siti della Banca d’Italia e del Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Entrando nel merito della normativa sopra riassunta, può in prima battuta osservarsi che soltanto in caso di interessi originariamente usurari trova applicazione la sanzione civilistica di nullità (art. 1815, comma 2, c.c.), unitamente alla sanzione penale.

L’usura originaria costituisce dunque un vizio genetico del contratto (non configurabile ex post: c.d. usura sopravvenuta), da verificare esclusivamente al momento dell’insorgenza del vincolo contrattuale (“convenuti interessi usurari”: art. 1815, comma 2, c.c.).

Se tale è l’assunto di fondo, la clausola contrattuale è illecita e viola l’art. 644 c.p. se il tasso pattuito per quell’onere supera la soglia di legge nel momento della sua pattuizione, ma non può diventarlo per sopravvenienze (la diminuzione del tasso soglia), per il fatto colpevole del debitore (inadempimento) o per l’esercizio da parte sua del diritto potestativo di estinzione anticipata del finanziamento.

Per consolidata giurisprudenza della Suprema Corte (si veda per tutte, Cass. Civ. sentenza del 17.11.2022 n. 33964), la capitalizzazione degli interessi costituisce un costo del credito e correttamente il Tribunale di Latina ha ritenuto che lo stesso andasse inserito nel conto delle voci rilevanti per la verifica della natura usuraria del rapporto di credito.

 

Decisiva si è rivelata, nella fattispecie, la CTU disposta dal giudice, nella quale si dava conto che i piani di ammortamento di detti contratti erano stati determinati con il regime della capitalizzazione composta degli interessi (e non con quello semplice previsto dall’art. 821, comma 3, c.c.), con conseguente lievitazione del tasso oltre la soglia fissata ex lege.

Queste le testuali conclusioni del perito: “per ottenere un piano di rimborso con lo stesso importo rata dichiarato in contratto utilizzando però il regime di capitalizzazione semplice bisogna applicare un tasso d’interesse corrispettivo pari al 7,8940%, superiore al tasso soglia del 5,8050% vigente al momento della stipula del contratto di mutuo, sì da risultare usurario.

Analogamente per il secondo mutuo impugnato, per ottenere un piano di rimborso con lo stesso importo rata dichiarato in contratto utilizzando però il regime di capitalizzazione semplice, bisogna applicare un tasso d’interesse corrispettivo pari al 25,125%” a fronte di un tasso soglia vigente all’epoca della stipula pari al 8,0850% sì da risultare anch’esso ampiamente usurario”.

Concludeva, pertanto, il CTU che: “considerando i calcoli sviluppati secondo quanto richiesto da Giudice nel quesito integrativo … entrambi i mutui sono gratuiti ed i mutuatari sarebbero tenuti a corrispondere la sola quota capitale dei finanziamenti”.

 

Il Tribunale di Latina, accertata l’usurarietà degli interessi corrispettivi, ha pertanto dichiarato la natura gratuita di entrambi i contratti di mutuo.

Articoli Correlati